Una transizione realistica per l’industria italiana
Il Clean Industrial Deal e la Direttiva (UE) 2025/794 introducono un nuovo equilibrio nel percorso della transizione ecologica, rafforzando competitività e coesione sociale. Tuttavia, il rinvio degli obblighi di rendicontazione e della due diligence ambientale rischia di essere interpretato come un passo indietro. La sfida è chiara: rendere la sostenibilità una scelta concreta, parte integrante della strategia aziendale.
Semplificazione non significa rinuncia
L’esigenza di semplificare il quadro normativo è reale, soprattutto per le PMI, ma non deve indebolire la cultura della rendicontazione. Standard proporzionati e accessibili, come gli ESRS rivisti, sono essenziali per garantire comparabilità e trasparenza. La semplificazione deve servire a rendere più efficace il percorso verso un futuro sostenibile, non a rallentarlo.
Tre pilastri per una sostenibilità strategica
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Armonizzazione con il Piano Transizione 5.0: integrare sostenibilità, innovazione e tecnologie abilitanti.
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Stimolo alla domanda di prodotti puliti: politiche economiche che incentivano il consumo sostenibile.
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Competenze e lavoro di qualità: investire in formazione per valorizzare il capitale umano.
Come funziona
L’approccio innovativo, di tipo bottom-up, stima l’impatto del rischio di transizione climatica sul merito creditizio delle imprese italiane. Come? Utilizzando dati reali sulle emissioni effettive (Scope 1) rilevati dal mercato Eu-Ets, anche per imprese non quotate. Il modello valorizza sia i costi legati all’eccesso di emissioni, sia i ricavi derivanti da comportamenti virtuosi. Diversamente dall’approccio tradizionale top-down, adottato negli scenari a lungo termine Ngfs (Network for greening the financial system), basato su medie settoriali e stime indirette, (es. numero di dipendenti), questo metodo consente una valutazione più aderente alla realtà aziendale, utile per aggiornare tempestivamente i rating creditizi.
Lo studio si sviluppa in tre fasi principali:
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Raccolta dati, integrando le emissioni reali delle imprese, rilevate dal sistema Eu-Ets, con i dati finanziari delle imprese italiane;
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Simulazione di scenari di prezzo delle quote di CO₂, anche in contesti di mercato estremi, usando modelli stocastici;
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Valutazione dell’impatto economico di questi scenari sul bilancio aziendale, stimando come varia la probabilità di insolvenza (default) a un anno.
Il valore trasformativo della rendicontazione integrata
L’integrated reporting collega strategia, governance, performance e contesto ambientale/sociale, offrendo opportunità di crescita e innovazione. Questo approccio va sostenuto con strumenti concreti: accesso agevolato a bandi, appalti e finanza agevolata per chi adotta pratiche sostenibili anche in assenza di obblighi.
Una visione condivisa a livello istituzionale
Le istituzioni italiane ed europee riconoscono la sostenibilità come leva strategica. Il MEF promuove modelli semplificati per facilitare l’accesso al credito delle PMI. L’EBA sottolinea la necessità di informazioni ESG trasparenti. Il presidente Mattarella e la Banca d’Italia ribadiscono la coerenza della transizione verde.
Il Made in Italy come modello di sostenibilità
L’industria italiana può guidare la transizione grazie a un patrimonio fatto di qualità, innovazione e tradizione. La centralità della persona, la valorizzazione delle competenze e l’adozione di modelli produttivi sostenibili rappresentano il futuro del nostro sistema imprenditoriale.
Il progetto 2030+: strumenti concreti per la sostenibilità
Anpit ha lanciato 2030+, un programma con webinar e laboratori itineranti per diffondere la cultura del “fare sostenibilità”. Un’iniziativa che trasforma i principi in pratiche operative, promuovendo una crescita inclusiva e responsabile.
Conclusione
La sostenibilità non è una battaglia ideologica, ma una condizione necessaria per uno sviluppo giusto e duraturo. È tempo di abbracciare questa visione come fondamento strategico dell’impresa.
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